Come definire i KPI per una strategia di Marketing Data Driven

La strategia di misurazione dei dati dovrebbe andare di pari passo, nelle aziende, con la definizione della strategia di Marketing. Si parla spesso, a questo proposito, di KPI ma altrettanto spesso su questo termine aleggiano diversi fraintendimenti.

Ad esempio, talvolta si scambiano i KPI con gli obiettivi di misurazione; oppure non si imposta una strategia corretta all’inizio, limitandoci a cercare ex post i dati che sarebbero serviti, quando purtroppo non sono più recuperabili. Infine, si ricorre in modo massiccio a KPI che rientrano tra i Lag Indicator, tralasciando i più complessi ma assolutamente indispensabili Lead Indicator.

Proprio per fare chiarezza tra i possibili errori che si commettono quando si maneggiano i KPI, abbiamo pensato ad un articolo di approfondimento a loro dedicato.

KPI: cosa sono? Rappresentare i fenomeni in modo quantitativo

I KPI sono delle misure che impostiamo con l’obiettivo di arrivare a una visione sintetica di qualcosa.

In altre parole, all’interno delle tante misurazioni possibili in un’azienda, ne scegliamo alcune, eleggendole a KPI, che riteniamo maggiormente significative per farci conoscere determinati fenomeni.

I KPI sono tendenzialmente stabili nel tempo; ci sono misurazioni specifiche che possono catalizzare l’interesse dell’azienda solo in un certo anno (magari perché legate a qualche fenomeno transitorio che l’azienda sta vivendo), mentre i KPI vengono monitorati nel medio-lungo periodo così da rendere possibili confronti e analisi sul loro andamento.

I KPI non nascono per il Marketing, ma attengono a ogni singola funzione dell’impresa; esistono da sempre, ad esempio, nei reparti produttivi delle aziende o nell’ambito della gestione del personale.

I KPI sono peculiari di ogni realtà, almeno se considerati nel loro complesso; anche se alcuni di essi sono ricorrenti (quale azienda non monitora con attenzione il proprio fatturato, ad esempio?), ogni azienda dovrebbe avere dei suoi KPI, anche di costruzione complessa. Non solo: ogni reparto dell’azienda dovrebbe avere i suoi, per monitorare con efficacia i fenomeni che lo attraversano.

KPI quantitativi o qualitativi?

Talvolta si sente parlare di KPI qualitativi, anziché quantitativi, ma si tratta di una terminologia errata, frutto di una certa confusione tra diversi concetti.

In particolare, questa espressione è figlia del fraintendimento tra l’oggetto della misurazione e i KPI, che sono invece due entità ben distinte.

L’oggetto della misurazione, infatti, di per sé può essere anche un elemento qualitativo, come ad esempio la qualità della shopping experience all’interno di un punto vendita. Anche di fronte a un elemento prettamente qualitativo, però, diventa fondamentale individuare dei parametri di tipo quantitativo che mi possono dare una fotografia del fenomeno: altrimenti, sarà impossibile rendersi conto se il fenomeno sta migliorando, se è in stallo o se sta peggiorando, né sarà possibile intervenire in modo tempestivo ed efficace.

Nell’esempio della shopping experience ci si potrebbe affidare alla misurazione del tempo che un cliente impiega in media per trovare il prodotto che sta cercando, o alla sua soddisfazione (da misurare tramite questionario) rispetto all’assistenza ricevuta dal personale di vendita.

Generalmente, si costruirà un cruscotto formato da alcuni parametri che riescono a restituirci la semplicità della shopping experience per il cliente e si monitoreranno quei valori, che assurgeranno quindi allo status di KPI.

Se si parla di misurazione, d’altronde, non c’è alternativa rispetto all’avere parametri esatti e rilevabili in modo il più possibile oggettivo.

I KPI e gli obiettivi d’impresa

Per poter parlare di KPI non basta avere a che fare con un indice quantitativo, ovviamente.

Un KPI è sempre funzionale alla misurazione di un valore per il raggiungimento di un certo obiettivo: si misura il tempo necessario al cliente per trovare il prodotto sugli scaffali, ad esempio, con l’obiettivo di abbassarlo. Si misurano i ricavi con l’obiettivo  evidentemente di aumentarli, e via dicendo.

Gli obiettivi correlati a un KPI devono avere una serie di caratteristiche che in inglese vengono sintetizzate con il termine SMART: Specific, Measurable, Attainable, Relevant, e Time-Bound.

Vediamo, uno per uno, cosa significano questi termini.

  • Specific, ovvero specifico. Un obiettivo è specifico quando è chiaramente definito e quantificato, definito. “Dimagrire” non è un obiettivo (di quanto? Sarò soddisfatto perdendo un etto o dieci kg?), e neppure “far felici i clienti” (come? Su quali parametri stiamo lavorando?).
  • Measurable, ovvero misurabile – anzi, facilmente misurabile. Un obiettivo che non posso verificare non è utile; un KPI che può essere calcolato solo con giorni e giorni di lavoro, privandomi dell’opportunità di osservare in tempo reale i fenomeni, allo stesso modo non è utile.
  • Attainable, ovvero achievable, raggiungibile. Darsi l’obiettivo di perdere 10 KG in una settimana, o di superare il fatturato di Amazon quest’anno quando si è una piccola realtà di nicchia, sono evidentemente obiettivi irrealistici e come tali inutili.
  • Relevant, ovvero rilevante. Un obiettivo non è rilevante se è troppo poco ambizioso. Se l’ambizione è quella di dimagrire di 2 etti o aumentare il fatturato dell’impresa di 1.000 Euro, non ci sarà evidentemente una spinta sufficiente per mettere in moto comportamenti virtuosi.
  • Time-Bound, ovvero sempre correlato a un certo orizzonte temporale.

Queste caratteristiche rendono valido un obiettivo e, di conseguenza, rilevanti i KPI che sono interessati dalla sua misurazione.

Dietro a una buona strategia di misurazione ci sono quindi sempre obiettivi SMART, tradotti in un set di KPI che consente di monitorarne con attenzione i progressi e gli andamenti.

I Lag e i Lead indicators

Sempre parlando dei diversi KPI, ricordiamo che ogni azienda dovrebbe adottare sempre sistemi di misurazione che possono fornirle due diversi ordini di dati: i Lag Indicators e i Lead Indicators.

I primi rappresentano una performance del passato. Sono generalmente espressi in valore assoluto e sono tendenzialmente piuttosto facili da ricavare. Il valore del fatturato è un Lag Indicator, ad esempio, così come il numero medio di ordini ricevuti in un mese, o il valore dello scontrino medio.

Sono valori importanti, ovviamente, tendenzialmente misurati in abbondanza in ogni azienda e che si prestano bene a confronti con il passato: ad esempio, il confronto tra il dato attuale e quello del mese scorso, o dell’anno scorso.

Sono però anche valori che ci danno una fotografia limitata di ciò che sta avvenendo, perché non ci dicono nulla di come quel valore si è formato.

I Lead Indicator sono invece quelli che ci mostrano la direzione di un fenomeno. Sono di costruzione più complessa, ma dovrebbero essere sempre presenti se si vuole avere contezza di come si stanno muovendo l’azienda e/o il mercato.

È un Lead Indicator, ad esempio, il rapporto del CPC medio dell’advertising degli ultimi 12 mesi rispetto a quello del periodo precedente. Un indicatore di questo tipo non ci dice soltanto qual è il valore misurato a consuntivo, ma ci permette di fare proiezioni su quanto si muoverà il valore nel tempo. Riprendendo l’esempio, otterrò un trend che mi permetterà di fare previsioni su quanto sarà il costo per l’advertising tra tre mesi, dandomi modo eventualmente di correre ai ripari adeguando le strategie se questo costo tendesse a salire troppo.

Dietro a un Lead Indicator ci sono quindi movimenti complessi, che molto spesso non dipendono solo dall’azienda ma dal suo contesto competitivo e di mercato: ad esempio, l’aumento delle materie prime oppure l’aumento dei costi medi delle piattaforme di advertising online.

Conclusioni

Impostare il sistema di misurazione dei KPI aziendali è un’operazione tutt’altro che banale.

Il primo passo è identificare degli obiettivi SMART per l’azienda e, per questi obiettivi, definire o sviluppare un set di KPI adatti a misurare i progressi (o i regressi) dell’azienda. L’aspetto quantitativo dei fenomeni è quindi fondamentale: anche quando si indagano fenomeni meramente qualitativi, come ad esempio la soddisfazione del cliente, è assolutamente necessario tradurli in indicatori quantitativi così da poterli rilevare in modo oggettivo.

Un buon sistema di misurazione prevederà quindi in anticipo quali sono i KPI da tenere d’occhio, scongiurando il rischio di arrivare a fine anno e, guardandosi indietro, rendersi conto che non si sono fatte le misurazioni necessarie a decodificare fenomeni importanti per la vita dell’azienda.

Il cruscotto di controllo formato dai KPI dovrà contenere sia Lag Indicator che Lead Indicator; questo equilibrio permetterà sia di avere una fotografia dei fenomeni attuali che di poter evidenziare le tendenze e predire come certi fenomeni si evolveranno nel futuro.

Grazie a questo sistema complesso di raccolta, trasformazione e analisi dei dati, l’azienda potrà interpretare il suo tempo e il contesto in cui si muove, adottando strategie data-driven per il proprio sviluppo.

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