La Legge di Goodhart e le sue conseguenze per il marketing

“When a measure becomes a target, it ceases to be a good measure”. 

Charles Goodhart

Era il 1975 quando l’economista inglese Charles Goodhart formulò quella che oggi è conosciuta come Legge di Goodhart partendo dall’osservazione delle dinamiche monetarie in Inghilterra. Ben presto, però, fu evidente che questa stessa legge si applica a moltissimi ambiti del comportamento umano.

La celebre frase che riassume perfettamente il senso della Legge di Goodhart è contenuta in un testo del 1981, e è la seguente:

“When a measure becomes a target, it ceases to be a good measure”

Traducibile con:

“Quando una metrica si trasforma in un obiettivo, smette di essere una buona metrica”

Ma cosa vuol dire questa frase? E soprattutto, cosa insegna a chi si occupa di marketing? Vediamolo insieme.

La Legge di Goodhart: cosa dice

La Legge di Goodhart era stata inizialmente formulata per descrivere alcune dinamiche macroeconomiche. Goodhart aveva osservato che, quando un governo si dà determinati obiettivi legati a un preciso parametro economico o monetario, spesso nella società si attivano una serie di comportamenti tali per cui quel parametro viene effettivamente raggiunto, ma senza ottenere i vantaggi che ci si attendeva da essi.

Più che nella macroeconomia, gli esempi più evidenti di questo fenomeno sono visibili nelle aziende e nelle istituzioni, o persino nella vita quotidiana:

  • I ricercatori e professori universitari sono valutati in base al numero di paper di ricerca che producono. Da quando la loro carriera è legata a questo preciso parametro, però, il numero dei paper continua ad aumentare ma la qualità degli stessi cala sensibilmente. Il numero di paper pubblicati smette così di essere un buon indicatore del lavoro del ricercatore, nel momento stesso in cui viene elevato a target da raggiungere.

  • Ipotizziamo che un’azienda, per aumentare la produttività, offra dei bonus ai propri operai in base al numero di pezzi che ciascuno di loro produce. Anche l’operaio, proprio come il ricercatore, tenderà a trascurare la qualità dei pezzi pur di aumentarne il numero; l’azienda potrebbe paradossalmente trovarsi ad essere danneggiata dall’incentivo offerto, anziché esserne favorita.
  • Un altro caso comune è quello dei commerciali valutati sul volume delle vendite. Per questo potrebbero essere portato a chiudere un occhio sugli ordini che arrivano da clienti cattivi pagatori e accettarli ugualmente: loro chiuderanno la vendita e otterranno il bonus, i problemi di incasso non saranno un loro problema, ma di altri reparti dell’azienda (amministrazione o recupero crediti).

  • Prendiamo invece un caso di vita familiare. In questo esempio, i genitori promettono un regalo al figlio se terrà in ordine la propria stanza e per verificare l’ordine si limitano a controllare che non ci sia nulla in disordine sul tavolo, o sul letto, o sul pavimento. Il figlio cerca di minimizzare il suo lavoro e massimizzare la sua utilità stipando tutto alla rinfusa nei cassetti, senza apprendere realmente il valore dell’ordine.

In tutti questi casi, proprio come predetto da Goodhart, il problema è che la misura scelta non è più un indicatore, ma è diventata un obiettivo in sé e per sé, mettendo in ombra gli obiettivi reali. 

Gli effetti della legge di Goodhart sul Marketing

Entrando nell’ambito del marketing, la legge di Goodhart mette in guardia sempre dallo stesso rischio: ovvero che una singola misura si sostituisca all’obiettivo effettivo.

Il percorso, schematicamente, è il seguente:

  • L’azienda definisce un obiettivo generale: ad esempio, un magazine online potrebbe voler allargare la propria quota di mercato. Più lettori in generale, e (come conseguenza attesa), più abbonamenti sottoscritti.

  • In base a questo obiettivo, determina un KPI da monitorare e sul quale responsabilizzare chi si occupa di marketing. Nel nostro esempio, l’azienda potrebbe ritenere che un indice adatto sia il CTR.

  • L’agenzia o la risorsa interna che si occupa di marketing potrebbe essere incentivata ad applicare quelle tecniche che alzano il CTR molto rapidamente, ma lo fanno a scapito della qualità degli accessi. Ad esempio, tecniche click-bait o rivolte a un target errato.

  • A fine anno, l’azienda sicuramente vedrà l’incremento di CTR che aveva richiesto al suo reparto marketing o all’agenzia esterna, ma non avrà ottenuto un effettivo aumento della sua quota di mercato né vedrà salire la vendita di nuovi abbonamenti.

La stessa dinamica errata potrebbe allargarsi alla scelta delle piattaforme su cui investire: in questo caso, l’errore potrebbe consistere nel privilegiare piattaforme che alzano il CTR ma non portano visite qualificate, quelle che realmente potrebbero convertirsi in abbonamenti alla piattaforma.

Anche il modello di attribuzione delle vendite all’ultimo click porta con sé distorsioni: si potrebbero attribuire i meriti delle vendite solo ad una piattaforma, quella responsabile della conversione finale, mentre in realtà il customer journey è iniziato molto prima (e le piattaforme precedenti vi hanno giocato un ruolo essenziale). 

Persino la scelta, come KPI, del livello di soddisfazione del cliente espone a rischi di bias: ad esempio, l’addetto al customer care stesso potrebbe fare pressioni sul cliente, con il doppio risultato di una misurazione inaffidabile e di trasmettere al cliente un’immagine errata dell’azienda. 

Dietro a qualsiasi KPI è sempre nascosto un possibile rischio. La misurazione oggettiva delle performance, per quanto essenziale, deve essere impostata con la massima cura e facendo attenzione, tra le altre cose, ad evitare i rischi messi in evidenza dalla Legge di Goodhart.

Ma come?

Come impostare misurazioni corrette

L’unico modo per evitare che un sistema di misurazione delle performance si trasformi in un danno potenziale per l’azienda, anziché in uno strumento utile, è non affidarsi a una misura unica ma definire, invece, una serie di parametri da tenere d’occhio contemporaneamente.

Occorre avere uno sguardo d’insieme, attento, così da definire e monitorare diverse grandezze che, nel complesso, daranno una fotografia molto più completa di quanto l’azienda si sta effettivamente avvicinando ai propri obiettivi.

Questo tipo di approccio, come già ricordato, è essenziale sia con i dipendenti che verso le agenzie esterne che ci supportano nel marketing (o in qualsiasi altra attività).

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