Il Marketing Funnel è morto?

In questi ultimi mesi pare sia morto il marketing funnel. Ne danno il triste annuncio diversi esperti o presunti tali sui social, e in particolare su Linkedin, sfruttando questa notizia per fare awareness (il primo passo, vale la pena ricordarlo, dello stesso funnel).

Il marketing funnel si aggiunge quindi alla lunga lista dei decessi annunciati negli ultimi anni… è morta la SEO, è morto l’email marketing, sono morti i BLOG, e via dicendo. Tecniche ormai superate, inutili; salvo ovviamente continuare a fruttare fior di risultati alle aziende che continuano a utilizzarle nel modo corretto e per il target corretto.

Vediamo quindi come mai secondo alcuni sarebbe diventato inutile utilizzare lo strumento del marketing funnel e come mai, invece, secondo noi il marketing funnel è destinato a farci compagnia ancora molto, molto a lungo.

 

IOS14 e la Cookie Apocalypse

L’origine dei primi allarmi risale a qualche tempo fa, quando Apple rilasciò nuovi aggiornamenti per il proprio sistema operativo per iPhone e iPad.  iOS 14 e i sistemi successivi riservano alla privacy degli utenti un’attenzione particolare, prima di allora sconosciuta.

Questi sistemi operativi Apple, infatti, appongono un filtro ulteriore, rispetto a quelli standard, ai consensi per la privacy rilasciati dai propri utenti. I diversi cookie raccolti dalle app, in altre parole, sono bloccati a meno che l’utente non abbia espresso un consenso esplicito verso una specifica app e uno specifico utilizzo. Non a caso, negli ambienti tecnici si è parlato di questa rivoluzione come della Cookie Apocalypse.

Senza tracciamento esatto, non è possibile fare un remarketing mirato. Ecco spiegato in breve cos’è che avrebbe ucciso il marketing funnel.

Di questa novità hanno risentito in particolare tutte le pubblicità basate su liste di remarketing attraverso i social network, che hanno visto depotenziare i sistemi di raccolta dati effettuata attraverso i propri pixel di monitoraggio installati su siti e app. Gli utenti Apple sono mediamente quelli più altospendenti e la loro esclusione dai pubblici di remarketing pesa non poco sul rendimento delle campagne.

Allo stesso tempo, anche Google si sta muovendo verso limitazioni sempre più ampie del tracciamento degli utenti Android, o di quello che in generale avviene sui siti web. La legislazione, d’altra parte, si sta velocemente muovendo verso una maggiore tutela della privacy degli utenti e un certo tipo di remarketing, estremamente mirato e aggressivo, si fa sempre più difficile da attuare.

E quindi? Dobbiamo dedurne che il marketing funnel è realmente morto?

 

Confondere mezzi e strategia

L’errore principale che rintracciamo in questi necrologi e in chi li scrive è che sembrano partire dal presupposto che questo a cui abbiamo accennato sia l’unico tipo di marketing funnel possibile: quello, appunto, che vede come kick start il tracciamento del comportamento di un utente all’interno di una app o di un sito. Ma siamo sicuri che non esistano altri metodi per strutturare funnel?

Ovviamente, i possibili funnel sono infiniti e gli strumenti a disposizione, più o meno precisi, sono innumerevoli. Lo stesso Facebook propone la creazione di funnel esclusivamente al suo interno, così da non risentire dei limiti di tracciamento di ciò che avviene su siti e app esterne.

Ma il punto centrale non sono tanto le legittime preoccupazioni di chi si trova privato di uno strumento oggettivamente comodo (il tracciamento accurato), né le diverse scappatoie che le piattaforme per l’advertising stanno individuando per correre ai ripari. Di fatto, il marketing funnel esiste ed è utilizzato almeno da sessant’anni; chi lo riduce al mezzo tecnico più recente non dovrebbe neppure occuparsi di comunicazione perché, evidentemente, non è capace di scindere il concetto di strategia dallo strumento utilizzato per attuarla.

C’è un marketing funnel dietro a una vendita per corrispondenza, così come dietro a uno spot TV. I tracciamenti ovviamente non possono essere esatti come quelli di un cookie, ma i processi logici sono esattamente gli stessi e si legano saldamente ai processi di acquisto degli utenti.

L’awareness si rivolge a un pubblico ad ampio raggio; di questo, solo una parte scenderà nello step successivo del funnel. Questo passaggio a volte sarà reso possibile dalla presenza di un database accurato su cui fare pubblicità di remarketing; altre volte avverrà perché sarà lo stesso prospect a farsi avanti per chiedere o cercare maggiori informazioni o perché l’azienda ha predisposto azioni capaci di raggiungere, con buona approssimazione, un pubblico non più completamente freddo.

La presenza di un funnel ben studiato consente di gestire al meglio ogni passaggio durante il customer journey, proponendo o agevolando il passo successivo, che sia stato pianificato dal sito alla pubblicità su Facebook piuttosto che tramite altri mezzi. E, soprattutto, consente di stabilire i budget da destinare ad ogni passaggio!

In effetti, la strutturazione di un marketing funnel consiste proprio in questo:

In una modellizzazione statistica per definire il budget da destinare all’interno di ogni singolo step, così da definire obiettivi chiari in termini di ritorno dell’investimento.

 

I rischi di un Funnel Marketing mal interpretato

Ci preme sottolineare anche che il marketing funnel applicato in modo estremamente rigido ha causato non pochi problemi proprio per le pretese di assolutezza e scientificità con cui è stato applicato.

Spesso a monte di un acquisto eseguito seguendo il funnel c’è un desiderio di acquisto preesistente; il funnel ha avuto il beneficio di far conoscere la possibilità di soddisfare quel desiderio, non certamente di crearlo. In altri casi, il futuro cliente potrebbe entrare nel funnel in un punto già avanzato, magari grazie al passaparola di un amico o arrivando per caso da ricerche relative ad altri prodotti.

Non esiste un percorso unico, un “metodo”, che se applicato con precisione porta a un tot di conversioni, calcolate percentualmente rispetto alla base di partenza; eppure, non di rado è questa l’idea che viene venduta alle aziende e non di rado vengono sperperate molte risorse prima di capire che non è mai possibile applicare una formula standard, o quasi, per ogni business.

Alla base di un buon funnel c’è, invece, una profonda conoscenza del proprio target e di come il prodotto si posiziona nel mercato; dei processi di acquisto; dei bisogni che il prodotto va a soddisfare.

Mi viene in mente una nota catena di profumerie, che ha creato un suo personalissimo funnel nel quale si mischiano la comunicazione dei prodotti civetta (per farti tornare in negozio) e la presentazione delle novità, utilizzate come metodo per alzare lo scontrino medio; mi viene in mente inoltre la cura estrema che va dedicata ad individuare il giusto target e il giusto messaggio.

Se il customer journey è ben definito, allora il funnel ne rappresenta una sorta di sintesi statistica, utile per intervenire in ogni fase con la giusta leva e con il giusto ammontare di risorse.

 

Conclusioni

In conclusione, ci preme ricordare come da diversi anni nel mondo del marketing assistiamo alla creazione continua di neologismi e pretese nuove tecniche, parallela agli annunci che ne decretano altre come ormai inutili, superate, “morte”.

La focalizzazione sulla tecnica del momento finisce per oscurare le basi concettuali e gli aspetti strategici del lavoro del marketing, abbassando l’asticella della consapevolezza sia negli imprenditori che in tanti consulenti, magari giovani.

Dietro a questi atteggiamenti c’è spesso semplicemente la voglia di emergere e di affermarsi di alcuni, che usano termini e annunci roboanti per posizionarsi come influencer del settore; le loro nuove interpretazioni della materia però si rivelano quasi sempre effimere.

 

Il marketing funnel è solo l’ultima vittima di questa tendenza.

Essendo diventato tecnicamente più complesso effettuare operazioni di remarketing esatte rispetto a un pubblico che ha interagito con il proprio sito o la propria app, ecco che si dichiara morto uno strumento che esisteva da ben prima di questa possibilità tecnica.

Il remarketing può sempre essere fatto attraverso altri mezzi, anche se non così precisi e potenti; oppure si possono individuare i lead caldi in modi differenti rispetto all’interazione con il sito, sia pure con un po’ più di incertezza. La pretesa di precisione esatta quando si ha a che fare con gruppi umani è, d’altronde, piuttosto risibile e tutte le nostre modellizzazioni e azioni sono valide sempre solo come approssimazioni statistiche.

Per approntare un marketing funnel che funziona è più importante una conoscenza approfondita del target, del posizionamento di mercato del proprio prodotto, dei processi di acquisto medi piuttosto che la presenza dei cookie. A queste condizioni, il marketing funnel diventa un mezzo potente per definire le azioni da programmare e i budget da destinare a ogni singolo passaggio, così da facilitare la trasformazione del lead potenziale in un cliente effettivo e fidelizzato, passo dopo passo.

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