Per scrivere un buon articolo di giornale, i giornalisti sanno di dover rispondere alle famose 5W: who, what, when, where e why. Per produrre una strategia di marketing efficace, bisogna riuscire a rispondere a quattro domande: cosa comunicare? Dove comunicare? A chi? Come?
Il focus di oggi è quell’a chi che costituisce il target di tutta la strategia di marketing. Per trovare risposte certe, si procede con le analisi dei processi di segmentazione e posizionamento. Il primo step è definire tutti i possibili target. A questo punto si procede con l’analisi di mercato: se fatta come si deve, questa dovrebbe produrre come risultato uno schema che definisce per ogni prodotto o servizio venduto, dei livelli di attrattività e di accessibilità differenti per il gruppo dei diversi segmenti individuati.
Il risultato dell’incrocio dei dati analitici prodotti dall’analisi di segmentazione dovrebbe infatti essere qualcosa di simile a quanto riportato in figura. Avremo per ogni segmento un livello diverso di attrattività rispetto alla proposta di valore dell’impresa, dall’altro un diverso grado di accessibilità di ogni mercato. Questo grado di accessibilità è stimabile sulla base di parametri quali la numerosità dei segmenti, la loro reperibilità sulle piattaforme di advertising (offline e, soprattutto, online), i fattori economici che potrebbero favorire alcuni segmenti a discapito di altri e così via. Una volta mappati i segmenti sulla matrice attrattività-accessibilità potremo determinare con facilità quali siano i mercati strategici e ad elevata priorità in relazione a quelli mediamente o altamente marginali. A questo punto, determinare la scelta dei mercati obiettivo per l’impresa in relazione alle sue value proposition diviene un problema di scelta strategica degli obiettivi sostenibili, anche in relazione al posizionamento desiderato.
Come scegliere il mercato obiettivo
La scelta dei mercati obiettivo è estremamente delicata, poiché sulla sua base verrà orientato il piano di marketing e comunicazione dell’impresa. Nel marketing digitale, questo aspetto interessa non solo l’aspetto semantico della comunicazione del brand, ma anche il modo in cui i canali di comunicazione entreranno in relazione tra loro e comporranno il funnel di acquisizione.
Le modalità con cui l’impresa può decidere di approcciare i segmenti attrattivi o in target per il brand sono fondamentalmente cinque, corrispondenti ai cinque modelli proposti da Kotler e Keller per il targeting: concentrazione, specializzazione selettiva, specializzazione di prodotto, specializzazione di segmento, copertura completa.
Ciascuna di queste modalità individua dei segmenti obiettivo in funzione dei beni che costituiscono la proposta di valore dell’impresa.
Targeting Concentrato
Il targeting concentrato è solitamente scelto da imprese che hanno risorse limitate o che intendano presidiare efficacemente solamente un segmento, ottimizzando le risorse disponibili allo scopo di presidiare il cliente in una posizione dominante.
Ad esempio: scelgo di vendere i miei rasoi da barba trilama alla popolazione maschile che ha una barba dura e ispida, specializzandomi su quel segmento.
Di norma, questo tipo di targeting, per l’alta concentrazione, è scelto da imprese che operano strategicamente su nicchie ristrette di mercato – si pensi ad esempio ai produttori di beni di lusso – ma non solo. Quando si parla di concentrazione non si intende infatti operare necessariamente su una domanda ristretta dal punto di vista quantitativo, ma semplicemente su un target omogeneo quanto a bisogni e motivazioni di acquisto, del quale l’impresa ha una notevole conoscenza.
Vantaggi del targeting concentrato
Focalizzando l’attività su un solo segmento, l’impresa riesce a contrarre i costi di produzione e distribuzione, favorendo l’insorgere di importanti economie di scala, che costituiscono una fonte essenziale di vantaggio competitivo, creando una barriera di fatto rispetto a imprese che operano con una maggiore diversificazione di prodotti su segmenti diversi.
Oltre a quelli di natura industriale, la concentrazione monosegmento ha anche l’indubbio vantaggio di un processo di marketing relativamente semplificato: soprattutto in ambito digitale, sarà infatti più semplice focalizzare budget promozionale e comunicazione di brand per colpire in modo selettivo ed efficace un solo segmento, soprattutto se esso risulta essere disponibile come target sulle più importanti piattaforme di digital advertising.
Di conseguenza, le imprese che vogliano concentrare la propria attività avranno il vantaggio di poter intercettare in modo più efficiente la cosiddetta domanda di coda lunga, ossia quella che dalle imprese che operano solo sui mercati tradizionali è considerata marginale perché di fatto difficilmente raggiungibile.
Svantaggi del targeting concentrato
Uno dei punti deboli della strategia di concentrazione monosegmento è invece dato dalla possibilità che si presenti sul mercato un prodotto di sostituzione in grado di erodere la domanda primaria: in questo caso potrebbe venire meno il vantaggio competitivo dato dall’economia di scala e dalla concentrazione della comunicazione, poiché i prodotti di sostituzione potrebbero essere orientati a target più ampi e diventare per questo competitivi. L’analisi delle cinque forze di Porter riveste quindi un’importanza strategica molto forte nell’ambito della governance di questo approccio al mercato.
Targeting per specializzazione selettiva
Si parla di targeting per specializzazione selettiva quando si parte dal targeting concentrato per espandersi selettivamente, appunto, su target diversi, utilizzando value proposition che si vanno a sommare a quella primaria.
Ad esempio, creo diverse linee di rasoi da barba per poter intercettare in modo selettivo gli uomini con la barba ispida, quelli che hanno la pelle delicata e le donne che hanno l’esigenza di radere i peli superflui. Per ciascun segmento sviluppo pertanto una diversa linea di prodotto.
Si pensi ad esempio, nell’automotive, alla scelta operata da case automobilistiche come la Porsche che, dopo aver concentrato per decenni la propria attività sul solo segmento delle auto sportive di lusso, ha esteso la propria azione al segmento degli Sport Utility Vehicle, o SUV.
L’obiettivo delle imprese che operano per specializzazione selettiva è solitamente quello di cogliere nuove opportunità che sorgono su mercati emergenti (è il caso di Porche, appunto) o di ridurre e diversificare i rischi elencati in precedenza a proposito della targetizzazione monosegmento.
Va notato che nel caso del targeting per specializzazione selettiva la contiguità tra le proposte di valore è limitata o addirittura nulla, così come solitamente le economie di scala; tuttavia, ogni segmento promette di per sé una redditività importante.
Rischi della specializzazione selettiva
Dal punto di vista dell’azione di marketing, i rischi di questa tipologia di approccio al mercato sono solitamente insiti nella comunicazione del brand, che corre il rischio in alcune situazioni di diventare strabica e indebolirsi: la gestione della marca diventa quindi in questi casi una attività fondamentale per evitare rischi di dispersione o over-stretching.
Targeting per specializzazione prodotto
Il targeting per specializzazione di prodotto è quello che lavora su una unica value proposition che riesce a trovare un match funzionale con una moltitudine di segmenti.
In questo caso, creo quindi un unico rasoio da barba che possa andare incontro alle esigenze di tutti coloro abbiano l’esigenza di radersi o depilarsi.
Punti di forza della specializzazione di prodotto
Normalmente, i vantaggi industriali di questo tipo di targeting sono simili a quelli del targeting concentrato: si ha infatti la possibilità di operare con economie di scala a livello produttivo e spesso anche logistico e distributivo, mentre si differenzierà la comunicazione sulla base dei diversi segmenti su cui si intende operare.
Si tratta quindi di un approccio alla domanda che risulta enormemente facilitato dalla digital transformation: le piattaforme di marketing digitale consentono infatti con facilità di operare su target distinti per proporre diverse declinazioni della comunicazione di una stessa proposta di valore, mantenendo una centralità del brand e diversificando la declinazione dei vantaggi sulla base dei bisogni particolari (o fattori di attrattività) espressi da ogni segmento.
Punti di debolezza della specializzazione di prodotto
Il rischio connesso con questo tipo di approccio è invece dato dalla possibilità che il prodotto compia la sua curva di maturazione e diventi obsoleto o che venga superato da prodotti più specializzati dal punto di vista del mercato di riferimento: in questo caso l’impresa, operando su un’unica value proposition, potrebbe non essere pronta a cogliere le sfide all’innovazione che arrivano dal mercato trovarsi ad operare per questo in una posizione di debolezza nei confronti di uno o più mercati obiettivo.
Target per specializzazione di segmento
Il target per specializzazione di segmento consiste nell’offerta di una value proposition ampia a un target definito. Quando si opera con questo tipo di specializzazione si tende a privilegiare la conoscenza dei bisogni e delle dinamiche di mercato di un particolare segmento, presso il quale si finisce col tempo per diventare un punto di riferimento.
In questo scenario, l’impresa punta solamente su un mercato obiettivo (ad esempio solo quello femminile) proponendo soluzioni differenziate in funzione dell’utilizzo o di altre variabili.
Perché scegliere la specializzazione di segmento
Questa strategia ha un evidente punto di forza nella capacità di servire in modo esclusivo un mercato di nicchia e trova nel canale digitale un grande alleato, poiché attraverso di esso è possibile sfruttare efficacemente il vantaggio della coda lunga anche per segmenti relativamente poco numerosi o di bassa densità. Di contro, è possibile individuare almeno due punti di debolezza, uno strutturale e uno potenziale.
Fattori di debolezza della specializzazione di segmento
Il fattore di debolezza potenziale è quello di una curva di penetrazione del mercato prescelto solitamente lunga. Scegliere di diventare il punto di riferimento per un segmento non vuol dire riuscire automaticamente nell’intento: gli effort di marketing e comunicazione necessari per ottenere questo risultato sono infatti spesso notevoli, mentre i tempi di perseguimento dell’obiettivo finale potrebbero rivelarsi più lunghi del previsto. Ciò vuol dire che un piano di ritorno dell’investimento promozionale per questo tipo di targeting potrebbe risultare fortemente penalizzante, almeno nel breve periodo.
D’altro canto, anche una volta ottenuta una posizione dominante all’interno di un segmento, le minacce potrebbero provenire proprio dal segmento stesso, che potrebbe in futuro ridursi quantitativamente o semplicemente impoverirsi e soffrire di tagli di budget. In questo caso, il riposizionamento del brand potrebbe rivelarsi un’operazione dolorosa o addirittura impossibile, quando il livello di specializzazione è particolarmente elevato.
Copertura completa
La strategia di copertura completa prevede la gestione di tante value proposition quanti sono i segmenti individuati come attrattivi per il mercato. Spesso un’impresa che opera in questo modo utilizza brand distinti per operare su segmenti differenti. È tuttavia abbastanza frequente il caso di un’impresa che offre la propria value proposition indistintamente a tutti i segmenti disponibili sul mercato, poiché per ognuno essa può essere attrattiva.
Si parla, in questi casi, rispettivamente di marketing differenziato e indifferenziato.
Marketing differenziato: pro e contro
Abbiamo un marketing differenziato quando l’impresa realizza diverse value proposition per attrarre con ciascuna di essa uno o più segmenti. Si pensi ad esempio a FCA Group, che con i suoi 13 marchi che vanno da Fiat a Maserati e decine di modelli differenti copre di fatto la totalità dei segmenti che costituiscono il mercato dell’automobile.
Questa scelta è ovviamente inevitabile per alcuni mercati, ma presenta nondimeno dei punti di attenzione importanti per la struttura dei costi. Lavorare in modo differenziato su ogni segmento disponibile vuol dire infatti non disporre di economie di scala non solo a livello di R&D, produttivo e distributivo, ma anche nell’area del marketing e delle vendite. L’impresa dovrà infatti dotarsi di differenti piani media e di diversi messaggi per ciascun segmento che intende raggiungere, facendo lievitare in questo modo i costi promozionali.
Marketing indifferenziato: vantaggi e svantaggi
Abbiamo invece un marketing indifferenziato quando l’impresa può permettersi di ignorare o dare per scontate le differenze tra segmenti e progetta consapevolmente una value proposition e una strategia di comunicazione che siano il più possibile trasversali e orientate al mercato di massa. Il livello di standardizzazione è in questo caso molto elevato, e questo determina la possibilità di effettuare economie di scala sia a livello produttivo e distributivo, sia a livello di comunicazione e media. Questo aspetto può tradursi immediatamente in un vantaggio competitivo: producendo, distribuendo e comunicando in modo indifferenziato, infatti, potrò trasformare il risparmio economico in riduzione di prezzo, ottenendo di risulta una posizione di leadership sul mercato.
I rischi del Marketing indifferenziato: il caso Coca Cola
Tuttavia, una strategia indifferenziata, che pure può rappresentare un’indubbia fonte di competitività in alcune condizioni e soprattutto nelle fasi di start-up e in assenza di concorrenza, rischia di essere perdente quando l’attrattività di alcuni segmenti scende sotto il livello di guardia. Un esempio classico è quello di Coca Cola: per decenni il brand è stato portatore di un’unica value proposition indifferenziata con la quale risultava fortemente attrattiva per tutto il mercato disponibile. A partire dagli anni 80 del secolo scorso, però, questo schema ha iniziato a mostrare delle crepe: da qui la necessità di ampliare e diversificare l’offerta mediante la creazione di nuovi brand come la Diet Coke e la Caffein-Free Coke (entrambe nel 1983), senza contare tentativi più sfortunati di venire incontro ai cambiamenti di gusto di alcuni settori di pubblico come la New Coke (1985).
La strategia indifferenziata, insomma, regge fino a quando le caratteristiche sociali del proprio target rimangono indifferenziate e non emergono nuove esigenze alle quali il brand non è più in grado di rispondere in modo efficace. In questa situazione, l’ingresso nel mercato di competitor in grado di parlare in modo specializzato alle nicchie meno soddisfatte della value proposition del brand può avere conseguenze esiziali per la tenuta della strategia, rendendone necessaria una revisione radicale.
La scelta del target in relazione alla strategia
In generale, per orientare la modalità di definizione del target occorrerà analizzare i rapporti costi/benefici in funzione degli obiettivi strategici dell’impresa, del contesto competitivo e della quantificazione della domanda e del gap di potenziale.
Questi fattori entreranno nella valutazione del marketing mix, dove il targeting trova il suo sviluppo operativo a livello di gestione dei canali promozionali.
Costruire un modello di targeting efficiente presuppone, oltre a un’analisi della concorrenza adeguatamente strutturata, anche delle competenze specifiche per la lettura e l’interpretazione dei dati che provengono da questa tipologia di analisi.
Riuscire o sbagliare nella corretta individuazione della strategia di targeting più efficiente può essere l’ago della bilancia che determina la differenza tra il successo o il fallimento di un progetto imprenditoriale. Per questo motivo, è opportuno affidarsi a professionisti che sappiano come supportare adeguatamente le imprese in questo processo.
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