Individuare le diverse strategie di marketing con la matrice di Boston

Matrice di Boston

Quando è opportuno fare forti investimenti su un prodotto, e quando invece è meglio sospenderli? Un aiuto per definire le giuste strategie ci viene dalla matrice di Boston, che permette di classificare le Aree Strategiche di Affari sulla base del tasso annuale di crescita del mercato e della quota detenuta dall’azienda.

Diventa così più semplice mantenere l’equilibrio del proprio portfolio prodotti e definire gli investimenti su ciascuno, anche nel mercato digitale.

Se avete mai sentito parlare di “mucche da mungere” o “cani” in relazione ai prodotti di un’azienda, sappiate che questi termini derivano dalla matrice di Boston, un sistema di classificazione dei prodotti (o, meglio, delle ASA – Aree Strategiche di Affari) sviluppato negli ormai lontani anni ’60 dal Boston Consulting Group. Nel mondo anglosassone, infatti, è conosciuta come BCG Matrix.

La matrice, di semplice comprensione, è uno strumento interessante per capire se il proprio portafoglio prodotti è equilibrato e per definire il livello di investimento promozionale necessario: diventa così un aiuto all’impostazione delle strategie di marketing a medio-lungo termine.

Vediamo come funziona e come sfruttarla al meglio.

Matrice di Boston: come disegnarla

Per capire la matrice di Boston occorre partire dalla definizione di Strategic Business Unit (abbreviato in SBU), tradotto in italiano con Area Strategica di Affari (o ASA).

Ogni ASA è un’area di attività nella quale l’azienda si muove: può essere un intero mercato, un segmento, o anche un singolo prodotto. Ogni ASA viene gestita con obiettivi strategici diversi; in alcuni segmenti l’azienda probabilmente mira a espandersi, in altri a consolidarsi, in altri ancora a recuperare redditività o magari a ritirarsi per concentrarsi su altre ASA.

La matrice di Boston nasce per individuare come si posizionano i prodotti dell’azienda all’interno di una certa ASA, presa come riferimento. Un’ASA potrebbe essere, ad esempio, il mercato dei deodoranti in Italia oppure quello dei software gestionali per alberghi.

All’interno di questa ASA, come si posiziona il nostro prodotto? Qual è la strategia migliore da adottare, conseguentemente?

Secondo la matrice di Boston, dobbiamo controllare due fattori: il tasso annuale di crescita del mercato e la quota relativa detenuta dal nostro prodotto/servizio. Proviamo a rappresentarle su un piano cartesiano:

  • Sull’asse delle ascisse (X) rappresentiamo la quota di mercato relativa dell’azienda. Questo valore si ottiene in due passaggi: calcolando il rapporto tra il fatturato dell’impresa e il fatturato realizzato complessivamente dalle imprese che rientrano nel settore di riferimento, e poi rapportando questo indicatore alla quota di mercato del concorrente principale.
  • Sull’asse delle ordinate (Y) rappresentiamo il tasso annuale di crescita del mercato, o meglio dell’ASA di riferimento.

Posizioniamo i diversi prodotti dell’azienda su questo piano: avremo prodotti più o meno affermati nella loro ASA, che si muovono in mercati che possono essere in crescita oppure sostanzialmente stagnanti.

Dividendo il piano in quattro quadranti avremo la matrice di Boston.

 

Le quattro aree e le strategie suggerite

Le quattro aree che abbiamo sul quadrante ci permettono di classificare i prodotti con una di queste definizioni:

  • Question mark – sono prodotti che hanno una bassa quota di mercato, ma che si muovono in mercati con un alto tasso di crescita.
  • Star – alto tasso di crescita del mercato e alta quota di mercato, contemporaneamente.
  • Cash cow – in questo caso il prodotto detiene una quota di mercato alta, ma in un mercato con basso tasso di crescita.
  • Dog – prodotti poco affermati, in un mercato con basso tasso di sviluppo.

Le strategie di investimento suggerite per un prodotto “question mark”, “star”, “cash cow” o “dog” sono, ovviamente, molto diverse.

Question mark

I question mark sono prodotti che possono rivelarsi molto interessanti per il futuro (il mercato è ad alto tasso di crescita) ma che sono attualmente poco affermati. Come sempre quando il mercato è in crescita, assorbono investimenti.
L’azienda ha davanti a sé la non facile decisione tra una strategia abbandono e disinvestimento oppure, al contrario, di investimento per conquistare maggiori quote di mercato rispetto ai concorrenti. Poiché non si è ancora affermato sul mercato, comunque, il prodotto question mark assorbe più risorse di quante ne produca.
Generalmente si consiglia di investire sui question mark in misura sufficiente a capire se possono evolversi in star, evitando di impegnare capitali importanti.

Star

Le star sono prodotti su cui sicuramente conviene investire per uno sviluppo programmato: occorre infatti difendersi dagli attacchi dei concorrenti per mantenere la propria posizione competitiva all’interno dell’ASA di riferimento. Dal punto di vista finanziario tendono a una situazione di pareggio perché i buoni incassi sono bilanciati dagli alti investimenti necessari.

Cash Cow

Le cash cow, invece, sono prodotti dei quali si può sfruttare l’alta redditività mantenendo investimenti minimi. Il basso tasso di crescita non giustifica grandi investimenti programmati, la buona quota di mercato posseduta invece garantisce un flusso di incassi costante. I prodotti cash cow sono importanti per l’equilibrio finanziario dell’azienda perché producono le risorse necessarie a investire nei question mark e generare redditività.

Dog

I prodotti dog sono caratterizzati da un basso tasso di sviluppo del mercato e una bassa quota di mercato: non assicurano i profitti soddisfacenti o addirittura generano delle perdite. Idealmente nessun prodotto dovrebbe entrare in questo quadrante, ma se questo avviene si può o disinvestire oppure cercare di rivitalizzare il prodotto, spostandolo verso il quadrante delle cash cow.

Il collegamento con il ciclo di vita del prodotto

Se applichiamo la suddivisione dei prodotti appena vista al ciclo di vita del prodotto, ci accorgeremo facilmente che le due analisi sono concordi.

 

Secondo il ciclo di vita del prodotto, infatti, abbiamo queste fasi:

 1) Introduzione: l’azienda cerca di entrare in un mercato promettente tramite il proprio prodotto o servizio → il prodotto è quindi un question mark.

2) Crescita: il prodotto ha conquistato una buona quota in un mercato che è, comunque, ancora in forte crescita e quindi molto attrattivo. Questo significa che nuovi concorrenti tenteranno di affacciarsi, anche proponendo migliorie al prodotto stesso.

L’azienda per mantenere la propria quota di mercato dovrà allora continuare a investire sia nel perfezionamento del prodotto che nella promozione → questo è lo scenario che caratterizza le star.

3) Maturità: potremmo dire che i giochi sono fatti. Il mercato si è, tendenzialmente, stabilizzato: cresce inizialmente a un ritmo più lento, poi diventa stabile o addirittura vive una leggera decrescita. Diventa meno attrattivo per la concorrenza e quindi mantenere la propria quota di mercato non richiede più un grosso sforzo finanziario → ci troviamo di fronte a prodotti cash cow.
Questa fase, così importante per la redditività aziendale, può essere prorogata con minimi miglioramenti di qualità o leggeri spostamenti del mercato di riferimento, purché non richiedano investimenti troppo elevati.

4) Declino. Così come nascono, i mercati possono anche morire: generalmente è dovuto al progresso tecnologico, a cambi di gusto o di abitudini nei consumatori, o all’arrivo di nuovi player che compromettono gravemente i margini di guadagno → il nostro prodotto,  ormai spinto al margine della competizione, è un dog.

La sequenza question mark > star > cash cow > dog è quindi quella che segue l’evoluzione media dei mercati e dei prodotti. Le diverse fasi possono avere durate molto diverse, fermo restando che la fase cash cow andrebbe prorogata più a lungo possibile, e quella dog invece ridotta al massimo (o, idealmente, eliminata disinvestendo prima che il prodotto entri in perdita).

Vantaggi, svantaggi e utilizzi della matrice di Boston

La matrice di Boston ha sicuramente dalla sua il vantaggio di essere semplice a livello concettuale e di spingere l’azienda a pensare nel medio-lungo termine: le strategie per una cash cow o una star, ad esempio, si differenziano proprio per i diversi sviluppi che sono attesi negli anni successivi. Allo stesso modo, l’urgenza di valutare nuovi question mark su cui investire dipende dalla struttura complessiva del portafoglio prodotti: se l’azienda vuole sopravvivere nel tempo, deve darsi la possibilità di scovare nuove, possibili star finché ha sufficienti cash cow dalla cui redditività può attingere.

Tuttavia, questa rappresentazione ha anche molti limiti.

Intanto, una certa soggettività nella catalogazione: come considerare un’ASA che si colloca molto vicino alla metà del quadrante? La stessa definizione dell’ASA di riferimento (più o meno ristretta) può portare a classificazioni molto diverse dei prodotti.

Lavorando su ASA molto ristrette si potrebbe facilmente, ad esempio, considerare cash cow un prodotto che altrimenti sarebbe un dog, o viceversa.

C’è poi, il rischio di una semplificazione eccessiva. Ad esempio, un’ASA potrebbe avere un’evoluzione imprevista, oppure un prodotto considerato dog rivelarsi prezioso perché permette di creare sinergie con altri settori, o ancora l’azienda potrebbe ribaltare il destino di un certo prodotto con soluzioni originali o spostamenti di destinazione.

L’ammontare del budget non si traduce poi, automaticamente, in quote di mercato e quindi un’azienda potrebbe investire ampiamente nel proprio prodotto star ma vederlo comunque perdere quote di mercato, fino a retrocedere nuovamente al ruolo di question mark.

Lavorare con uno schema forte come quello della matrice di Boston è quindi un grande aiuto, purché non diventi una gabbia che impedisce di pensare anche in forme alternative.

Share this article:

Facebook
Twitter
LinkedIn
WhatsApp